Via S. Martino, 5
Giannantonio Pellegrini Cislaghi
Studente milanese, fuggì di casa a sedici anni per unirsi ai partigiani attivi
nel massiccio del Tancia, nella Bassa Sabina. Qui, nell’aprile del 1944, fu
ferito mentre combatteva, con circa trecento compagni, contro alcuni reparti
dell’esercito tedesco coadiuvati da un battaglione di camicie nere. Rimase
nascosto nella boscaglia ma fu catturato durante i successivi rastrellamenti
e fucilato, pochi giorni dopo, nell’eccidio delle Fosse Ardeatine. Oggi una
scuola elementare di Rieti porta il suo nome.
Via S. Michele del Carso, 5
Mario Greppi
Figlio di Antonio, che diverrà il primo sindaco di Milano dopo la Liberazione,
si impegnò ancora giovanissimo nell’antifascismo e poi nella lotta di
Liberazione. Padre e figlio parteciparono insieme alle lotte partigiane nelle
file della brigata Matteotti, di matrice socialista. Agenti fascisti lo catturarono
in piazza Piola mentre recapitava documenti segreti e cercarono di usarlo
come esca per arrestare anche un suo compagno. Riuscì a sottrarsi al loro
controllo ma, dopo una fuga rocambolesca in tram e a piedi, fu raggiunto e
ferito mortalmente. Morì il 23 agosto 1944, il giorno successivo alla cattura, a
ventiquattro anni.
Piazza della Conciliazione, 4
Eugenio Curiel
Esponente della buona borghesia, brillante e dotato di grande intelligenza,
a ventun anni si laureò in fisica all’università di Padova, dove divenne
assistente. Si dedicò anche agli studi filosofici e, avvicinatosi al marxismo,
si iscrisse al Partito Comunista. Nel 1938 le leggi razziali lo costrinsero, in
quanto ebreo, a lasciare l’insegnamento. Si trasferì a Milano, dove prese
contatto con vari gruppi antifascisti. Arrestato dall’OVRA (Opera vigilanza
repressione antifascista), la polizia segreta fascista, e incarcerato a San
Vittore, fu poi condannato a cinque anni di confino a Ventotene, dove
proseguì il proselitismo antifascista. Nell’agosto del 1943 tornò a Milano,
dove diresse “L’Unità” clandestina. Nel gennaio del 1944 fondò il Fronte
della Gioventù – costituito da giovani di tutta l’area antifascista impegnati
nella lotta di liberazione – il cui contributo fu enorme nella fase insurrezionale
contro i nazifascisti. Il 24 febbraio del 1945 incappò, in piazzale Baracca,
in una squadra di militi della quale faceva parte uno dei suoi carcerieri di
Ventotene, che lo riconobbe: gli spararono, uccidendolo per strada. Aveva
trentadue anni.
Via degli Olivetani, 4
Ottaviano Pieraccini
Nipote di Gaetano Pieraccini, primo sindaco di Firenze dopo la Liberazione
e e pioniere del socialismo in Toscana, nel 1928 – dopo essersi laureato in
giurisprudenza a Siena – si trasferì a Milano per esercitare la professione di
avvocato. Uomo di grande cultura e sensibilità, non si piegò a compromessi
col fascismo, al punto da non poter svolgere alcuna attività lavorativa.
Fu amico fraterno e compagno di lotta clandestina di Francesco Veratti.
Membro del CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia) come
rappresentante del PSI, partecipò attivamente all’organizzazione degli
scioperi dei primi di marzo del 1943. Tradito da un delatore, fu arrestato il
1° marzo 1944 e rinchiuso a San Vittore. Venne poi trasferito al campo di
concentramento di Fossoli, in provincia di Modena, di lì a Gusen e infine a
Mauthausen, dove morì il 28 marzo 1945.
Via Ausonio, 20
Sebastiano Cappello
Arrestato nel 1944 perché antifascista, fu deportato nel campo di
concentramento di Bolzano-Gries, gestito dalle SS (Schutz-Staffeln) di
Verona. In questo campo venivano inviati soprattutto prigionieri politici,
partigiani e loro familiari presi in ostaggio e molte, moltissime donne con
bambini. Da lì, assieme ad altri duecentotrentotto deportati, fu tradotto al
campo di sterminio di Dachau, dove morì nel 1945, a ventitré anni.
Via Petrarca, 16
Ferdinando Brenna
Fu uno dei primi antifascisti milanesi e antesignano della lotta contro il
nazifascismo. Catturato dalle SS (Schutz-Staffeln) il 10 dicembre 1943, fu
internato a San Vittore, quindi inviato nel lager di Fossoli (Modena), dove
venne fucilato assieme ad altri sessantasei partigiani il 12 luglio 1944. Aveva
trentatré anni.
Via Bertani, 14
Umberto Fogagnolo
L’ingegner Umberto Fogagnolo, militante del Partito d’Azione, fu molto
attivo nella lotta antifascista a Milano, dove contribuì a organizzare le SAP
(Squadre di Azione Patriottica). Nell’ottobre del 1943 affrontò in corso
Vittorio Emanuele Francesco Colombo, comandante della “Muti” (una delle
“brigate nere”, corpi paramilitari della Repubblica Sociale Italiana), che stava
picchiando selvaggiamente un operaio; fu arrestato e, il 10 agosto 1944,
fucilato insieme ad altri quattordici martiri in piazzale Loreto. Aveva trentadue
anni.
Via Fiori Chiari, 26
Agostino Barattè
La lapide sulla casa dei genitori ricorda Agostino Barattè. Di madre turca,
giunse in Italia dalla Turchia dove il padre era emigrato e decise di unirsi alla
lotta partigiana. Entrò a far parte delle brigate garibaldine attive nella zona
del novarese. Il 2 novembre 1944, caduto in un’imboscata, cercò inutilmente
rifugio presso la gente del luogo. Fu scovato e barbaramente ucciso, e il suo
corpo fu abbandonato nella boscaglia. Aveva ventidue anni.
Largo Borges
Giovanni Busi
Qui abitò Giovanni Busi, che nel 1944 alla causa della libertà fece dono della
vita. Aveva ventun anni.
Via Santa Sofia, 6
Landolfo Cuttica
Il tenente Landolfo Cuttica si arruolò nel 1943 nel Corpo volontari della
Libertà per difendere la patria invasa dall’esercito tedesco. Lo fucilarono qui i
fascisti il 14 aprile 1945. Aveva trentadue anni.
Vicolo Santa Caterina, 1
Giancarlo Donà
Nel 1944, non ancora diciassettenne, venne arrestato a Milano. Per lui due
lunghissimi mesi di viaggi da un campo di concentramento all’altro. Nel
settembre dello stesso anno fu deportato a Bolzano e quindi a Dachau, dove
morì nel mese di novembre.
Via Manzoni, 21
Roberto Veratti
Socialista, membro del comitato direttivo del movimento Giustizia e Libertà,
si impegnò nelle attività organizzative dell’antifascismo, contribuendo alla
creazione di intese unitarie con il laicato cattolico, con i comunisti, con
alcuni repubblicani e con i neoliberali, fino alla creazione del Fronte Unico
Antifascista. Morì a quarant’anni, logorato dalla lotta clandestina.
Corso di Porta Vittoria, 17
Bruno e Fofi Vigorelli
Poco più che adolescenti, i due fratelli si unirono alle formazioni Matteotti dei
partigiani dell’Ossola. Nel giugno 1944 caddero entrambi, a due giorni l’uno
dall’altro, in combattimenti contro i nazifascisti nella Val Grande, sopra Intra.
Avevano rispettivamente ventiquattro e ventitré anni.
Via Soncino, 2
Alfonso Casati
Era figlio di Alessandro Casati, ministro della Guerra nel gabinetto Bonomi.
Sottotenente dei granatieri, nel maggio 1944 entrò volontario nel Corpo
Italiano di Liberazione. Assegnato al battaglione Bafile del reggimento San
Marco – che combatteva contro l’esercito tedesco nelle Marche – morì in
battaglia nell’agosto 1944, a ventisei anni appena compiuti.
Via Broletto, 39
Giancarlo Puecher
Dopo il settembre 1943, quando il maresciallo Graziani chiamò i militari a
combattere a fianco dell’esercito tedesco, l’allora ventenne allevo ufficiale
pilota Giancarlo Puecher raggiunse la Brianza, dove organizzò prima
un gruppo partigiano con alcuni giovani di Ponte Lambro e poi, per tutto
l’autunno, altri nuclei partigiani. Catturato dalla milizia repubblichina, fu
condannato a morte e fucilato l’antivigilia di Natale del 1943. Di profonda
fede religiosa, volle perdonare i militi del plotone di esecuzione. La milizia a
restò anche suo padre, che fu deportato a Mauthausen, dove morì nel 1945.
Ciò che lui iniziò divenne poi la brigata partigiana Giancarlo Puecher, attiva
in Brianza nei giorni della Liberazione.
Corso Garibaldi, 75
Costante Signorelli
Nel cortile interno di questa vecchia casa di ringhiera della Milano popolare e
operaia, gli inquilini hanno posto una targa in ricordo di Costante Signorelli,
patriota, morto il 13 marzo 1945 a quarantaquattro anni nel campo di
sterminio di Flossenbürg.
Via Brentano
Claudio Treves
Fu uno dei maggiori esponenti della socialdemocrazia italiana, deputato
in Parlamento dal 1906 al 1926. Brillante giornalista, diresse a Milano il
quotidiano “Il Tempo” e poi “L’Avanti!”. Alla fine del 1926, a 57 anni, ormai
soppressa la stampa antifascista, scelse l’esilio continuando la sua lotta per
la libertà a Parigi, dove morì il 10 giugno 1933.
Piazzale Cadorna, 4
Riccardo Bauer
Antifascista, democratico, pacifista, spese tutta la sua lunga vita
nell’impegno, sia in politica sia nel sociale. Militò in Giustizia e Libertà e nel
Partito d’Azione. Dal 1943 al 1945, scontata la pena a vent’anni di carcere
inflittagli dal Tribunale Speciale, partecipò attivamente alla Resistenza.
Milano lo ricorda come presidente della Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo e
soprattutto della Società Umanitaria, che grazie a lui e agli esperti raccolti
sotto la sua guida fu trasformata, da originaria opera pia, in prestigioso
centro sperimentale.
Via Anfiteatro, 7
Giovanni Ferrario
Partigiano comunista, fu arrestato e destinato alla fucilazione in piazzale
Loreto, ma poco prima dell’esecuzione i suoi persecutori fascisti decisero di
farlo deportare nel campo di sterminio di Dachau, dove morì, a trent’anni, nel
1945.
Via Volta, 15
Giovanni Re
Nato a Milano nel 1891, prima della guerra si occupava di musica popolare.
“Musico, soldato, cospiratore”, recita la lapide. Fu arrestato, e il suo nome
figurò nella lista dei fucilati in piazzale Loreto pubblicata dal “Corriere
della Sera” il 10 agosto 1944. In realtà egli venne risparmiato, ma solo per
essere deportato in Germania, a Lengenfeld, dove morì nel 1945. Aveva
cinquantaquattro anni.
Via Palermo, 18
Luigi Riva
Nel luogo dove è posta questa lapide fu assassinato dai nazifascisti il 16
aprile 1945, a pochi giorni dalla Liberazione, il patriota socialista Luigi Riva.
Aveva quarantasei anni.
Via Goito, 4
Giambattista Mancuso
Conseguita la maturità al liceo Parini si iscrisse a Medicina, ma prima di
concludere gli studi decise di unirsi alla lotta partigiana nella divisione
Orobica di Giustizia e Libertà e poi nella brigata XXIV maggio. Partecipò a
rischiosi trasporti di armi dalla pianura alle montagne bergamasche. Morì nel 1944 a ventidue anni in uno scontro a fuoco fra diciotto partigiani e
quattrocentocinquanta militi delle Brigate Nere sulle alture di Cornalba di Val
Brembana.
Via Ancona, 2
Carlo Rosselli
Nato a Roma nel 1899, nel 1929 fondò a Parigi con altri esuli italiani il movimento Giustizia e Libertà. In via Ancona dal marzo all’ottobre del 1926 diresse con Pietro Nenni il settimanale “Quarto Stato”, disciolto dalla polizia fascista. Collaborò con “Critica Sociale” e con “La Rivoluzione Liberale” di Piero Gobetti. Inviso al fascismo a causa della sua battaglia in nome del socialismo liberale, fu ucciso in Francia, con il fratello Nello, il 9 giugno 1937 da miliziani della “Cagoule”, formazione eversiva di destra francese, probabilmente su mandato dell’OVRA (Opera vigilanza repressione antifascismo).
Viale Monte Santo, 10
Arturo Capettini
Commerciante milanese, perseguitato perché comunista, dovette
abbandonare affetti e lavoro e rifugiarsi all’estero. Dopo l’8 settembre
1943 tornò in Italia: entrato nel GAP (Gruppo di Azione Patriottica) 3ª
brigata Garibaldi, trasformò il suo negozio di via Monte Santo in deposito
clandestino di armi e di stampa antifascista. Catturato nel dicembre 1943, fu
rinchiuso a San Vittore dove venne torturato per essere poi fucilato con altri
tre partigiani l’ultimo dell’anno presso il poligono di tiro della Cagnola. Aveva
quarantatré anni.
Via Moscova, 29
Ferdinando De Capitani
Tipografo compositore al “Corriere della Sera”, fu arrestato per gli scioperi
del marzo 1943 e trasferito in Austria, nel castello di Hartheim, dipendenza di
Mauthausen: un “convalescenziario” in cui venivano sterilizzate o soppresse
le vite “inutili” e “anormali” di malati, inabili al lavoro, handicappati. Qui morì il
18 luglio 1944, a cinquantatré anni.
Il “Corriere” fu, nei giorni della Resistenza, un punto di riferimento.
In redazione gli operai si alternavano sui tetti per dare l’allarme contro
eventuali attacchi fascisti. In tipografia si stampavano le pubblicazioni del
Comitato di liberazione e fogli clandestini.
Per proteggersi contro gli arresti e le razzie della Repubblica sociale e della
Gestapo al “Corriere” era stato organizzato un servizio di avvistamento:
ventiquattro ore su ventiquattro qualcuno vigilava agli ingressi, per avvertire i
colleghi ricercati dai nazifascisti.
Si formò un CLN aziendale che organizzò scioperi e sabotaggi e che causò
ritardi di composizione e di uscita del giornale e guasti alle macchine.
All’interno del giornale si ebbero anche azioni di guerriglia
La partecipazione alla Resistenza dei giornalisti, degli operai e degli
impiegati di via Solferino fu ampia. Molti lavoratori ebbero fortuna: sia pure
tra minacce, disagi, paure, fughe riuscirono a scampare alla cattura, alla
deportazione, addirittura alla morte. Altri pagarono duramente, come Mario
Miniaci, Torquato Spadi, Luigi Tacchini, Otello Ghirardelli, Dionigi Parietti,
Ferdinando De Capitani, che morirono in un lager.
Piazzale Principessa Clotilde
Egidio Lorenzi
Operaio milanese, scelse la lotta partigiana con la divisione Masia, brigata
Tundra, con il nome di battaglia di Ermanno. Le truppe tedesche della
Sicherheitspolizei (SD), il servizio di sicurezza delle SS (Schutz-Staffeln),
lo uccisero il 3 ottobre 1944 in un’imboscata a Colombarone di Canneto
Pavese. Non aveva ancora compiuto diciotto anni.
Via Marcora, 12
Guido Tilche
Giovanissimo combattente nella campagna di Russia, si ammalò e fu
rimandato in patria. Arrivò stremato a Milano, dove apprese che la sua
famiglia era detenuta in via Rovello. Riuscì a ottenerne il rilascio e a farla
rifugiare in Svizzera, mentre lui si unì alle formazioni partigiane col nome di
Fachiro. Aveva da poco compiuto ventitré anni quando, nel novembre 1944,
fu colpito a morte durante un rastrellamento nel quale fu fatto prigioniero
anche Renato Boeri (Renatino), comandante della brigata Sfefanoni della
divisione Valtoce.
Viale Majno, 21
Mario Bobbio
Milanese, giovane studente del Politecnico di Milano, si arruolò nelle
forze partigiane, ma ben presto fu arrestato e deportato nel campo di
concentramento di Mauthausen dove morì, appena ventenne, nel 1945.
Viale Bianca Maria, 35
Giovanni Cervi – Mino Steiner
L’ingegnere Giovanni Cervi, detenuto con altri prigionieri politici nel carcere
di San Vittore, fu fucilato con altri patrioti all’Arena il 19 dicembre 1943 per
rappresaglia contro l’attentato in cui, il giorno prima, era morto il federale di
Milano Aldo Resega. Aveva quarant’anni.
Il dottore Guglielmo (Mino) Steiner, sbarcato a Rapallo nel 1943 da un
sottomarino inglese, aveva raggiunto l’Italia con il compito di guidare la prima
missione alleata di infiltrazione. Scoperto, fu deportato a Mauthausen, e
quindi a Ebensee, dove morì nel marzo 1945.
Corso di Porta Vittoria, 43
Stella Zuccolotto
Dirigente sindacale dei portinai milanesi – categoria particolarmente attiva
nella Resistenza – fu assassinata dai fascisti qui, appena trentenne, un anno
dopo la Liberazione, mentre adempiva la sua missione in difesa delle
compagne di lavoro.
Via della Commenda, 33
Tullio Del Grande
Questo giovane milanese lasciò la sua città per unirsi ai partigiani che
combattevano in Val Toce. Qui morì, a ventidue anni, il 13 giugno 1944,
durante un rastrellamento effettuato da forze tedesche e fasciste sui monti
di Migiandone, presso Ornavasso. La sua è una delle numerose lapidi che a
Porta Romana ricordano i partigiani caduti durante la guerra di Liberazione.
Via Orti, 16
Rodolfo Pellicella
Cresciuto nell’ambiente popolare di via Orti, antifascista, con un gruppo di
amici tentò di organizzare quella che chiamarono una “cellula di strada del
Partito Comunista”. Nel 1933, diciannovenne, subì il primo arresto: da lì fino
al 1943 la sua vita trascorse fra condanne al confino (a Ulassai, a Vasto, a
Ventotene, a Pisticci) e richiami alle armi. Dopo l’8 settembre tornò a Milano,
e nella primavera del 1944 si unì ai partigiani della Val Grande assumendo il
nome di battaglia Leonin. Pochi mesi dopo, non ancora trentenne, fu fucilato
dai tedeschi nel massacro di Fondotoce.
Via Orti, 12
Luigi Goretti
Antifascista e partigiano attivo nella Resistenza di Porta Romana, venne
deportato a Flossenbürg nel 1944 e morì a Gusen, a quarantatré anni, il 24
aprile 1945.
Piazza della Scala, 2
Martiri della Libertà
Questa lapide è in ricordo di chi, morendo per liberare la propria città dai
nazifascisti, ha richiamato il sacrificio di coloro che cent’anni prima l’avevano
liberata dall’esercito austriaco. Il legame fra i due eventi è sentito dai
milanesi: nel 1944 uno di loro affisse alla statua di Garibaldi in largo Cairoli
un cartello con l’incitazione “Pepin venn giò, en chi ammò” (“Peppino scendi,
sono ancora qui”).
Palazzo Marino
Piazza Mercanti
Caduti per la Libertà
All’interno della Loggia dei Mercanti diciannove lastre di piombo riportano i
nomi dei partigiani uccisi fra il 1943 e la fine della guerra nella lotta contro
il nazifascismo. All’esterno della loggia Milano li ricorda ai passanti: In
supremo anelito di libertà hanno donato la vita.
Via della Moscova, 4
Caduti di Guerra
Il monumento unisce alle vittime della guerra, ai dispersi, ai morti sui campi
di battaglia i caduti della guerra di Liberazione. Diciassette nomi di giovani:
un monito contro le guerre.
Piazzale Medaglie d’Oro (nella porta)
Partigiani Milano Sud/Est
Ai lati di Porta Romana due lapidi uniscono i partigiani caduti nella guerra di
Liberazione provenienti dalle zone di Porta Vittoria, Porta Romana e Porta
Vigentina. Ogni lapide ricorda una sessantina di nomi.
Piazzale Medaglie d’Oro, 2
Partigiani ATM
La lapide, situata nel cortile dell’Azienda Trasporti Milanesi, ricorda la lotta
dei tranvieri della città. Essa porta una trentina di nomi, ciascuno con la
mansione e l’anno della morte. Un’altra lapide celebra la loro partecipazione,
con i lavoratori di Milano, agli scioperi del marzo 1944. In via Messina,
presso il deposito ATM, un’altra lista con quarantaquattro nomi.
Piazza del Tricolore
Finanzieri lombardi
Questo monumento e la lapidi di corso Italia e di via della Chiusa ci ricordano
che nelle Cinque Giornate del 1848 i finanzieri lombardi, postisi agli ordini del
governo provvisorio, si batterono per liberare Milano dall’esercito austriaco.
Circa cento anni dopo, all’atto dell’armistizio, i componenti dei diciotto
battaglioni della Guardia di Finanza che si trovarono fuori del territorio
nazionale furono internati o si unirono alle forze partigiane locali (come in
Montenegro) o seguirono la sorte delle unità dell’esercito nelle quali erano
inquadrati (come a Cefalonia e a Corfù). Con il Corpo Volontari della Libertà
essi parteciparono all’insurrezione in Italia settentrionale, concorrendo alla
liberazione di Milano dall’invasione tedesca.
Viale Byron
Fucilati all’Arena
Carmine Capolongo, Fedel Cerini, Giovanni Cervi, Luciano Gaban, Alberto
Maddalena, Carlo Mendel, Amedeo Rossin, Giuseppe Ottolenghi. Detenuti
nel carcere di San Vittore per attività antifasciste, vennero fucilati per
rappresaglia contro l’attentato al federale di Milano Aldo Resega.
Via Gian Giacomo Mora, 14
Partigiani Caduti
Lorenzo Forcati, della 13ª brigata SAP, aveva diciassette anni quando cadde
in combattimento a Cerignate. Augusto Raimondi, quarantacinquenne, morì
in un’azione a Corsico. Fausto Boriani cadde nel luglio 1944 in uno scontro
con i brigatisti neri in viale Papiniano. Ettore Doneda, diciottenne, fu ucciso a
Rho nell’aprile 1944.
Via del Bollo, 8
Quattro Partigiani
I compagni di lotta hanno voluto ricordare qui Franco Ghiringhelli, di ventun
anni, caduto a Fondotoce, e William Scalabrini, di ventitré anni, caduto a
Rovegro. Era il 1944 (agosto e settembre), uno dei periodi più difficili della
guerra partigiana. Natale Mapelli, ventiquattrenne, e Giuseppe Taviano,
trentanovenne, caddero il 25 aprile 1945 – nei giorni della Liberazione
di Milano – proprio qui, in via del Bollo, in uno scontro con i fascisti che
presidiavano la propria sede di piazza San Sepolcro.
Via Rovello, 6
Martiri antifascisti 1943-1945
Questo edificio fu, dal settembre 1943 alla vigilia della Liberazione, sede del
comando e principale caserma della famigerata Legione autonoma di polizia
Ettore Muti, luogo di martirio per decine di partigiani bestialmente torturati
e spesso poi assassinati nei prati della periferia. In questo stesso edificio
Paolo Grassi e Giorgio Strehler fondarono nel 1947 il Piccolo Teatro, che
divenne ben presto simbolo della rinascita culturale milanese.
Piazza Gaetano Filangieri, 2
Carcerati politici a San Vittore
Qui, dall’8 settembre 1943 al 25 aprile 1945, centinaia di italiani soffrirono
umiliazioni, patimenti e torture. Dal 13 settembre 1943, con l’insediamento
della Gestapo (la polizia politica del Terzo Reich) all’Hotel Regina, iniziò
la caccia agli ebrei e agli antifascisti già schedati. Un’ala del carcere fu
destinata agli ebrei, che da qui venivano poi mandati ai campi di sterminio,
mentre gli antifascisti – sottoposti agli interrogatori dei nazifascisti e dei
fascisti – morirono per le torture subite o, per sottrarvisi, scelsero il suicidio.
Alcune guardie carcerarie che compirono gesti di umanità nei confronti
dei prigionieri subirono la stessa sorte. Nel 2005 i figli della Shoah hanno
organizzato una mostra per ricordare a tutti i milanesi i soprusi perpetrati in
questo luogo.
Corso Monforte, 31
Prefettura
Alle ore 8,00 del 26 aprile 1945 l’azionista Riccardo Lombardi, nominato
prefetto dal CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia) Milano,
si presenta i Prefettura con una scorta di partigiani e prende possesso del
proprio ufficio. È il primo prefetto della Milano libera. Il socialista Antonio
Greppi è il nuovo sindaco della città. Nel 2005 una lapide viene apposta per
celebrare l’accaduto.
Via Silvio Pellico, 9
Hotel Regina
In via Silvio Pellico sorgeva l’Hotel Regina, che dal 13 settembre 1943
al 30 aprile 1945 fu sede del comando della Sicherheitspolizei (SD), il
servizio di sicurezza delle SS (Schutz-Staffeln), i reparti di difesa che
costituivano l’unità paramilitare d’élite del Partito Nazista. L’Hotel Regina
era anche il quartier generale della Gestapo e dell’Ufficio IV B4, incaricato
della persecuzione antiebraica. La Gestapo è diretta da colonnello Walter
Rauf, che ha per vice il capitano Theo Saevecke, responsabile dell’eccidio
di piazzale Loreto. Nelle stanze dell’albergo si svolgevano interrogatori a
base di botte e torture degli antifascisti catturati e detenuti a San Vittore.
Qui fu tenuto prigioniero Ferruccio Parri che, arrestato fortunosamente,
era considerato preziosa pedina di scambio per trattare la resa degli
ufficiali nazisti. Rodolfo Graziani sarà condotto all’Hotel Regina da agenti
dei servizi segreti statunitensi per sottrarlo alle forze partigiane nei giorni
dell’insurrezione milanese. Il 30 aprile 1945 le SS si arresero alle truppe
alleate.
Corso Magenta, 71
Collegio San Carlo
La rete assistenziale del mondo cattolico si impegnò nel fiancheggiamento
della lotta antifascista. Particolarmente attiva fu l’OSCAR (Organizzazione
Soccorso Cattolico Antifascisti Ricercati), un’organizzazione clandestina
dello scoutismo cattolico. Guidata da don Aurelio Giussani e don Andrea
Ghetti, l’OSCAR aveva un centro nella sede milanese del Collegio San
Carlo. Fu un sicuro riferimento per tutto il movimento assistenziale,
impegnata com’era nel soccorso a ex prigionieri di guerra, ebrei, ricercati e
arrestati.
Piazza Fontana
Arcivescovado
Alle ore 17,00 del 25 aprile 1945, grazie alla mediazione del cardinale
Alfredo Schuster, Mussolini incontra all’Arcivescovado alcuni rappresentanti
del CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia) e il generale
Raffaele Cadorna, comandante del Corpo Volontari della Libertà. Mussolini
spera di poter patteggiare la resa; informato che la resa dei fascisti deve
essere incondizionata e che i tedeschi stanno trattando con gli americani,
dichiara di voler tornare in Prefettura per trattare con i tedeschi e si impegna
a ritornare all’Arcivescovado entro un’ora per concludere le trattative. Non si
ripresenterà.
LUOGHI SIGNIFICATIVI FUORI ZONA 1
Stazione Centrale
Tra il dicembre 1943 e il maggio 1944 dai sotterranei della Stazione Centrale
iniziò il lungo centinaia di uomini, donne e bambini, ebrei e oppositori
politici iniziarono il lungo viaggio verso Auschwitz e altri lager nazisti. Pochi
tornarono per raccontare, ma la loro memoria vive fra noi: una lapide li
ricorda al binario 21.
Piazzale Loreto
Andrea Esposito, Domenico Fiorani, Gian Antonio Bravin, Giulio Casiraghi,
Renzo Del Riccio, Umberto Fogagnolo, Tullio Galimberti, Vittorio Gasparini,
Emidio Mastrodomenico, Salvatore Principato, Angelo Poletti, Andrea Ragni,
Eraldo Soncini, Libero Temolo, Vitale Vertemati.
Erano in quindici, rinchiusi nel carcere di San Vittore per motivi politici.
La mattina del 10 agosto 1944 furono svegliati all’alba e stipati su un
autocarro. Giunsero a piazzale Loreto alle 5,45: ad attenderli, un ufficiale
tedesco con quattro soldati. L’ordine di fucilazione fu eseguito da militi
repubblichini. I poveri corpi furono ammucchiati a terra, dove rimasero fino
a pomeriggio inoltrato. Agli operai che incominciavano ad attraversare la
piazza, ai passanti, ai parenti accorsi fu impedito qualsiasi gesto di pietà.
I militi sorvegliavano, a volte ridevano. La fucilazione fu eseguita dalla
Guardia Nazionale Repubblicana e dalla “Muti”, agli ordini di T.E. Saevecke,
il comandante della polizia di sicurezza nazista. Si trattava di un atto di
rappresaglia: l’esecuzione doveva servire da monito per la popolazione, che
rinominò il luogo “Piazza dei Quindici Martiri”. Il 28 aprile 1945, entrando
nella Milano liberata, la colonna dei garibaldini della brigata Valsesia,
comandata da Cino Moscatelli, vi sostò. Fu messo un cippo a ricordare. Il
monumento fu realizzato nel 1980.
Villa Triste
In via Paolo Uccello al 17 una lapide ricorda uno dei luoghi più drammatici e
tragici del terrore fascista operante a Milano. Vi era attivo un corpo “speciale”
della polizia fondato dall’ex granatiere Pietro Koch. La “Banda Koch” –
questo il nome con il quale era tristemente nota – seviziava e torturava partigiani e prigionieri politici con incredibile sadismo; da qui il nome di “Villa
Triste” dato a Villa Fossati.
Campo Giuriati
Al Campo Giuriati si fucilavano gli antifascisti. Vi caddero molti giovani
del Fronte della Gioventù. In via Ponzio 34 due lapidi recano vari nomi.
Ricordiamo: essi caddero per la causa della libertà.
Caduti dell’Isola
Il monumento dello scultore Carlo Ramous, eretto dal Comune di Milano in
piazzale Segrino, ricorda tutti insieme i patrioti del vecchio quartiere operaio
dell’Isola Garibaldi caduti nella lotta antifascista degli anni 1943-1945. I nomi
sono quarantadue, e le lapidi sui caseggiati dell’Isola li ricordano uno per
uno.
Partigiani caduti in battaglia
La sera del 25 aprile 1945, nella zona del Naviglio Grande, una sessantina
di garibaldini della 113ª brigata SAP, con solo cinque mitra, dieci moschetti,
una decina di bombe a mano e “numerosissime rivoltelle non completamente
cariche” bloccano un’autocolonna tedesca che punta sulla città. La colonna
fa dietro-front. Sul terreno rimangono Domenico Bernori, Idelio Fantoni
e Giovanni Paghini. Una lapide li ricorda in via Lodovico il Moro, dopo il
numero civico 187, vicino al nuovo cavalcavia.
Case minime di Baggio
La lapide di via Forze Armate 117 è stata posta dal Consiglio di Zona dove
sorgevano le “case minime d Baggio”, abitate da operai con le loro famiglie.
Operava nella zona il comando della 112ª brigata SAP Garibaldi. Luigi Alò,
sarto, usava la propria casa come centro di smistamento per armi e per
materiali di propaganda di Giustizia e Libertà. Fu ucciso il 25 novembre
1944.
Ambrogio Casati organizzava nelle fabbriche e nelle mense comizi
clandestini antifascisti. Fu deportato a Mauthausen, dove morì il 26 aprile
1945. Altri si unirono alla lotta partigiana, tanti dei quali sono caduti. Come
i Veron, famiglia di ebrei proveniente dalla Spagna, i cui membri furono deportati ad Auschwitz.
Stabilimenti Caproni
In via Mecenate 74, nell’area una volta occupata dagli stabilimenti
aeronautici Caproni, se ne ricordano le maestranze, che dopo l’armistizio
dell’8 settembre 1943 rifiutarono la soggezione ai tedeschi. La nostra
compagna diedero la vita per insegnare come un popolo libero combatte.
Sono cinquantotto operai dei quali si ricorda il nome; trentanove di questi
sono finiti nei campi di sterminio.